Didattica della Facoltà Teologica dell'Italia SettentrionaleScheda dell'insegnamento |
Codice del Corso
| S-23STTH1 |
Corso Integrato
| Storia della teologia - I |
Docenti
| Zani Antonio |
Anno di corso
| S |
Semestre
| 2° |
ECTS
| 3 |
Ore
| 24 |
Lingua in cui viene erogato il corso
| Italiano |
Modalità di erogazione del corso
| Convenzionale |
Tipologia di insegnamento
| OBBLIGATORIO |
Tipo Esame
| Prova Orale |
Metodo di Insegnamento
| Didattica formale/lezioni frontali |
Cogliere la rispettiva riflessione eucologica di Origene, Evagrio, Agostino, impegna ad individuare, per quanto possibile, quale dato che li accomuna, il profilo di orante e l’atto orante che nei loro scritti prende forma e le condizioni e i fattori più prossimi che vi presiedono ad esso ex parte hominis e ex parte Dei. Comune ai tre, infatti, è la costruzione dell’immagine dell’atto orante con i suoi fattori costitutivi, le modalità auspicate e le difficoltà a cui esso deve fare fronte.
Nonostante ciò essi si distinguono nettamente l’uno dall’altro, nel senso che ciascuno descrive un’immagine fortemente connotata della preghiera, in relazione alla diversa fisionomia intellettuale ed ai rispettivi orizzonti spirituali. All’accento intensamente biblico del discorso di Origene subentra in Evagrio un discorso ascetico, che è espresso mediante un nuovo linguaggio maturato da un ricco corredo filosofico e teologico a contatto con l’assoluta novità dell’esperienza monastica. L’analisi dell’atto orante è sorretta anzitutto in Evagrio – molto più di quanto avvenisse in precedenza con tutti gli altri interpreti (Origene incluso) – da un’estrema attenzione per gli aspetti antropologico-psicologici dell’orazione. Se il suo organo è per eccellenza l’«intelletto», in linea con l’impostazione abbozzata nel trattato origeniano, l’interesse di Evagrio s’indirizza alla complessa fenomenologia che coinvolge il corpo e l’anima nelle manifestazioni oranti: ruolo dei sentimenti e delle passioni, memoria e immaginazione, forme in cui può darsi una preghiera priva di distrazioni e tutta concentrata nel colloquio con Dio.
Quanto ad Agostino, non solo per la statura dell’autore, che fa da adeguato pendant alla grandezza di Origene, ma soprattutto per il fatto che la sua riflessione agostiniana sulla preghiera non è meno importante, originale e pervasiva di quella origeniana, ci si baserà, in particolare, sul trattato contenuto nella Lettera 130 a Proba, l’unica sua opera specificamente dedicata all’orazione. Vi si chiariscono, da un lato, le disposizioni d’animo con si debba pregare (il profilo dell’orante) e, dall’altro, il contenuto della preghiera (l’atto orante). Con l’efficace posa agostiniana: «quonammodo tibi esset orandum»; «audisti qualiter ores, audi et quid ores»; «non solum qualis ores, verum etiam quid ores».
La comprensione del discorso eucologico dei tre autori antichi è il tentativo, e ad un tempo l’obiettivo, messo a tema del corso.
N. Antoniono (ed.), Origene. La preghiera, Città Nuova, Roma 1997; V. Messana (ed.), Evagrio Pontico. La preghiera, Città Nuova, Roma 1994; A. Cacciari (ed.), S. Agostino d’Ippona. La preghiera, epistola 130 a Proba, Ed. Paoline, Roma 1981; L. Perrone, La preghiera secondo Origene. L’impossibilità donata. Morcelliana, Brescia 2011; G. Antoni, La prière chez Saint Augustin. D’une philosophie du langage à la théologie du Verbe, Vrin, Paris 1997; La preghiera nel tardo antico. Dalle origini ad Agostino, Instit. Patristicum Augustinianum, Roma 1999.